La decadenza dalle agevolazioni della prima casa

Pubblicato il 9 Settembre 2009


 

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1.    INTRODUZIONE
La nota II bis all’art. 1 della tariffa parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro approvato con il d.p.r. n. 131 del 26 aprile 1986, riconosce, a fronte di determinati requisiti, la possibilità di richiedere, per l’acquisto di un bene immobile, le cosiddette agevolazioni “prima casa”.
Tale trattamento di favore è stato introdotto per la prima volta nel 1982 con l’art. 1 della L. n. 168, probabilmente, allo scopo di incentivare i cittadini nell’acquisizione dell’abitazione; dopo vari rimaneggiamenti normativi si è giunti alla formulazione attuale secondo la quale gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di abitazioni non di lusso (secondo i criteri di cui al D.M. 2 agosto 1969) e gli atti traslativi della nuda proprietà, di usufrutto, uso e abitazione sono assoggettabili alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura ridotta o all’IVA agevolata, sempreché gli acquirenti siano nelle seguenti condizioni:
- risiedano o  intendano trasferire la residenza nel comune in cui si trova l’immobile acquistato;
- non siano titolari di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione, né a titolo esclusivo, né in comunione con il coniuge, su un’altra casa sita nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
- non siano titolari, neppure per quote, in tutto il territorio nazionale di diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata richiedendo le agevolazioni di cui all’art. 1 della tariffa prima allegata al Testo Unico imposta di registro.
I requisiti di cui sopra spettano, per l’acquisto, anche con atto separato, delle pertinenze dell’immobile ubicato nel comune in cui l’acquirente ha la propria residenza o intenda trasferirla. Si considerano pertinenze, le unità immobiliari classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, atte a “servire” l’alloggio che contemporaneamente si acquista o che si è precedentemente acquisito.
In questa sede ci occupiamo della cosiddetta “decadenza dalle agevolazioni prima casa”, introdotta dalla L. n. 549 del 28 dicembre 1995, la quale ha aggiunto il comma 4 alla nota II bis dell’art. 1, prevedendo  i casi in cui le agevolazioni si possono revocare.

1.1 LE CAUSE
Le cause che determinano la decadenza dalle agevolazioni prima casa si possono distinguere in due categorie, in base alla natura soggettiva e oggettiva delle condizioni richieste dalla norma per il riconoscimento delle agevolazioni stesse; da tale distinzione ne discende un’altra che riguarda il momento in cui si hanno o maturano i requisiti previsti e a seconda di ciò muta il decorso del termine entro il quale l’Agenzia delle Entrate può esercitare i suoi poteri di accertamento.
In primo luogo si decade dall’agevolazione per aver acquistato una casa che in seguito ad accertamenti tecnici presenta le caratteristiche delle abitazioni di lusso, per aver reso dichiarazioni mendaci nell’atto di acquisto, relativamente alla residenza, alla non titolarità di diritti reali su altri immobili nel territorio del comune in cui si trova quello acquistato e al non aver mai richiesto prima l’agevolazione in discorso. Le ultime due condizioni devono ricorrere al momento dell’acquisto e sono immediatamente verificabili: pertanto dal momento della registrazione dell’atto decorre il termine per richiedere la differenza di imposta e la sanzione1.
Per quanto riguarda la residenza, se l’acquirente risiede già nel comune in cui è situato l’immobile che intende acquistare, il primo requisito è soddisfatto; se, al contrario, il cessionario risiede in un territorio comunale diverso da quello in cui si trova l’immobile, deve rendere una dichiarazione di intento, peraltro l’unica da manifestare nell’atto di acquisto a pena di decadenza, consistente nella volontà di stabilire la residenza, entro diciotto mesi dalla data dell’atto, nel comune in cui si trova l’alloggio oggetto di acquisto. In tal caso è il mancato trasferimento della residenza, nel termine previsto, ad originare la decadenza ed è dallo spirare del diciottesimo mese che  l’amministrazione finanziaria potrà accertare se la dichiarazione si è trasformata nel comportamento attivo volto allo spostamento della residenza.
In secondo luogo, dal punto di vista oggettivo costituisce causa di decadenza, ai sensi del IV comma dell’art. 1 della nota II bis della tariffa parte prima allegata al T.U. 131 /86 come modificato dalla L. n. 549/1995, la rivendita dell’immobile prima che siano decorsi cinque anni dall’acquisto. In tal caso, alla base del potere sanzionatorio, c’è la presunzione di un intento speculativo che viene punito dall’Amministrazione finanziaria ogni qualvolta l’acquirente “agevolato” trasferisce a titolo gratuito od oneroso un immobile prima del decorso di cinque anni dall’acquisto, senza procedere al riacquisto di un altro immobile, entro un anno dall’alienazione. Nella fattispecie in esame, il termine per esercitare il controllo decorre dal compimento dell’anno successivo a quello in cui è avvenuta la rivendita infraquinquennale.

1.2 GLI EFFETTI
La decadenza dalle agevolazioni prima casa, a prescindere dalla causa che l’ha determinata, comporta sempre un accertamento tributario da parte dell’Agenzia delle Entrate formato dalle seguenti voci:
-    l’imposta (registro, ipotecaria e catastale, o IVA) nella misura ordinaria;
-    la sanzione pecuniaria nella misura del 30% dell’imposta di cui sopra;
-    gli interessi di mora in forza del comma 4 dell’art. 55 del T. U. Imposta di Registro.
Più precisamente il contribuente è chiamato a versare la differenza tra le imposte (registro, ipotecaria e catastale) dovute in misura ordinaria e quelle applicate in forza dell’aliquota più favorevole, e pertanto viene richiesto il 4% di imposta di registro e il 3% di imposte ipotecarie e catastali, detratto quanto già versato in misura fissa, oltre alla sanzione, quantificabile nel 30% della differenza appena ottenuta  e agli interessi di mora; in relazione invece, alle cessioni soggette ad IVA, la differenza d’imposta è data dall’IVA calcolata in base all’aliquota priva di agevolazioni e quella calcolata usando l’aliquota più vantaggiosa, incrementata del 30%.

2.    APPROFONDIMENTO SULLE CAUSE DI DECADENZA: ECCEZIONI E CONFERME
2.1    RESIDENZA NEL COMUNE O NELL’IMMOBILE
Relativamente alla condizione di cui alla lettera a) della nota II bis, così come modificato dalla L. di conversione n. 243 del 19 luglio 1993 del d.l. n. 155 del 22 maggio 1993, va sottolineato che il comune in cui si trova l’immobile deve coincidere con il comune in cui l’acquirente risiede o presta la propria attività o, se trasferito all’estero, quello in cui ha sede il datore di lavoro da cui dipende, o, se si tratta di cittadino italiano emigrato all’estero, dev’essere la prima casa sul territorio italiano. Al di fuori di questi casi la residenza dev’essere trasferita nel comune in cui è stato acquistato l’alloggio. Ci si chiede se sia necessario risiedere nell’immobile acquistato o se sia invece sufficiente risultare nelle liste anagrafiche del comune interessato. La lettera della norma, in effetti, non sembra imporre il trasferimento nell’immobile. A sostegno di tale interpretazione, una parte della dottrina2  ritiene che l’immobile acquistato non debba necessariamente soddisfare il bisogno abitativo dell’acquirente, il quale potrebbe avere la residenza nel comune in cui si trova l’alloggio, ma non vivere abitualmente in quest’ultimo bensì in un altro, magari in forza di un contratto di comodato o locazione. Di avviso contrario3  l’altra parte della dottrina che pensa che non sia rilevante solo la residenza anagrafica ma anche quella effettiva, risultante ad esempio dalla sottoscrizione dei contratti di fornitura di luce, acqua e gas con apposite aziende, effettuata prima ancora della dichiarazione anagrafica di trasferimento di residenza.
Il dubbio è che la norma, emersa sotto le macerie di una serie di decreti legge succedutisi negli anni, abbia perso i pezzi per strada e che casuale, piuttosto che innovativa o sistematica, sia la mancanza di un riferimento all’obbligo di trasferire la residenza nell’immobile e non semplicemente nel comune. Va tuttavia riconosciuto che, avendo inserito la nuda proprietà tra i diritti che introducono alla riduzione d’imposta, vi è ora almeno un’ipotesi in cui il trasferimento nei diciotto mesi sembra normalmente improbabile. Si potrebbe, invero, sostenere che vi sia un doppio obbligo: uno esplicito, avente termine di diciotto mesi, relativo al trasferimento della residenza nel comune; uno implicito nello spirito della legge, senza termine, di trasferimento nell’immobile, con il risultato che colui che alienasse l’immobile senza esserci mai andato ad abitare si potrebbe vedere opposta la revoca dall’amministrazione. Ma di fronte al silenzio del testo sarebbe probabilmente una forzatura eccessiva.
Dal canto suo l’Agenzia delle Entrate ha, dapprima, dichiarato semplicemente che per valutare il requisito della residenza fa fede la data della dichiarazione di trasferimento presentata dall’interessato al comune ai sensi dell’art. 18 del d.p.r. n. 223 del 30 maggio 1989 (circolari n. 19 del 1 marzo 2001 e n. 38/E del 12 agosto 2005), per poi recentemente affermare che “per il godimento dell’agevolazione prima casa non è più previsto l’obbligo di adibire l’immobile ad abitazione principale” (risoluzione n. 140 del 10 aprile 2008). Possiamo quindi definire questo orientamento come consolidato4 .
In siffatto quadro si inserisce la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale attribuisce prevalenza alla residenza anagrafica su quella di fatto, come conferma la sentenza n. 9949 del 16 aprile 2008 in cui si ammette l’ipotesi di una residenza effettiva differente da quella anagrafica, ma soccombente rispetto all’altra.
Tra l’altro, la Commissione Tributaria della Regione Campania (sezione staccata di Salerno n. 2279/08) ha recentemente accolto il ricorso di due coniugi che si sono visti recapitare l’accertamento tributario per mancato trasferimento della residenza da parte di uno dei due. La Commissione, senza disattendere l’orientamento della Corte Suprema, ha affermato che le agevolazioni prima casa spettano per intero anche se solo uno dei coniugi possiede i requisiti prescritti dalla norma ed ha specificato che i coniugi, ai sensi dell’art. 143 C.C., hanno solo l’obbligo alla coabitazione, potendo così avere due residenze anagrafiche diverse in virtù di particolari esigenze familiari.
E ancora in tema di rapporto tra residenza e perdita dei benefici, lo spostamento della residenza dal comune in cui è situato l’immobile agevolato ad un altro comune successivamente alla registrazione dell’atto, non è espressamente annoverato tra le cause di revoca dalle agevolazioni. Difatti, colui che acquista, beneficiando del regime agevolato, una porzione di fabbricato abitativo nel comune in cui risiede e a posteriori si trasferisce in un’altra città, agisce nel pieno rispetto della norma in quanto ha comprato nel comune in cui risiedeva, non aveva altri immobili nel territorio comunale interessato e non aveva utilizzato le agevolazioni in oggetto. Occorre, però prestare attenzione al fatto che questa ricostruzione non impedisce al contribuente di trasferirsi in un altro comune, ma gli impone l’onere di non acquisire nel proprio patrimonio un altro bene usufruendo delle agevolazioni, almeno fino a quando non venda l’immobile5.
L’argomentazione appena esposta, con la quale siamo pienamente d’accordo non trova al momento alcun sostegno nella prassi e in giurisprudenza. Coerentemente con quanto sopra, non pare che sussista limite temporale minimo di residenza nel comune (e tanto meno nell’immobile), quando al trasferimento della residenza si sia proceduto dopo l’acquisto agevolato.

2.2 MANCATO TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA PER FORZA   MAGGIORE
L’intenzione di voler trasferire la propria residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile, manifestata nell’atto di compravendita, deve essere seguita, entro il termine perentorio di diciotto mesi, dall’effettivo stabilimento della residenza nel nuovo comune. Questa condotta deve essere tenuta a pena di decadenza, l’unica ipotesi che ne consente l’omissione “giustificata” è il manifestarsi di una causa di forza maggiore.
Tale principio è stato riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 35 del 1 febbraio 20026, con la quale ha prestabilito quali sono gli elementi che identificano la forza maggiore, ossia il verificarsi di un evento oggettivo, non prevedibile, tale da non poter essere evitato e non imputabile alla parte obbligata; inoltre ha precisato che la causa di forza maggiore deve realizzarsi quando il termine per dimostrare il possesso dei requisiti è ancora pendente e tale momento deve essere successivo a quello in cui è stato registrato l’atto di acquisto.
Il concetto in esame, proprio della giurisprudenza7 già da tempo, è stato confermato dalla risoluzione n. 140 del 10 aprile 2008 dell’Agenzia delle Entrate, nella quale si esamina il caso di un contribuente che non ha potuto trasferire la propria residenza nel comune in cui aveva acquistato l’immobile perché questo è stato dichiarato inagibile per abbondanti infiltrazioni d’acqua provenienti dal tetto. L’Ufficio accertatore dichiara che il mancato trasferimento della residenza a causa di un evento imprevisto, inevitabile e successivo alla cessione, come nel caso di specie, non revoca il beneficio goduto.
E’ importante sottolineare che l’avvenimento che impedisce il cambio di residenza non deve rientrare nella sfera soggettiva della parte acquirente e non deve essere conoscibile da questi al momento della stipula dell’atto, altrimenti la dichiarazione resa è mendace sin dall’inizio. In siffatta situazione poteva incappare, fino all’entrata in vigore dell’art. 66 della l. n. 342 del 21 novembre 2000, il personale in servizio permanente delle Forze Armate e delle Forze di Polizia ad ordinamento militare e quello dipendente dalle Forze di Polizia ad ordinamento civile, il quale sapeva di non poter soddisfare il requisito di cui si argomenta in quanto è obbligato a risiedere nel luogo in cui presta servizio. Pertanto, per gli appartenenti ai suddetti corpi, costretti a trasferimenti frequenti per ragioni di servizio, il legislatore ha eliminato il requisito della residenza consentendo loro di acquistare un’abitazione in regime agevolato previo possesso degli altri elementi che ne giustificano l’applicazione8.

2.3 ALIENAZIONE INFRAQUINQUENNALE
Come già accennato, il IV comma dell’art. 1 della nota II bis della tariffa parte prima allegata al T.U. 131/1986, così come modificato dalla l. n. 549/1995, stabilisce che in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici prima casa, prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell’acquisto, sono dovute le imposte nella misura ordinaria, una sovrattassa e gli interessi di mora. La disposizione di revoca non si applica se il contribuente, entro un anno dalla data di alienazione, procede nuovamente all’acquisto di un altro bene da adibire ad abitazione principale.
Il riacquisto di un altro immobile entro  un anno dall’alienazione deve avvenire con un atto di trasferimento di diritti reali a titolo oneroso; in merito l’Agenzia delle Entrate, attraverso la risoluzione n. 66 del 3 maggio 2004, ha chiarito che per evitare la decadenza è indispensabile stipulare un contratto ad effetti reali grazie al quale divenire proprietari di una nuova abitazione e versare all’amministrazione finanziaria l’imposta di registro dovuta per il trasferimento ed eventualmente decurtata dell’imposta pagata per il bene venduto prima del decorso del termine di cinque anni dall’acquisto (credito d’imposta). Di conseguenza l’atto di prenotazione dell’alloggio costruito da una cooperativa edilizia, come esaminato dalla risoluzione sopra citata, e più in generale il contratto preliminare di vendita, sono idonei  solo ad obbligare le parti del contratto alla stipula dell’atto definitivo, previo accordo sull’assegnazione o individuazione dell’alloggio e sul prezzo di vendita. Alla stessa conclusione si è giunti anche in un quesito esaminato dal Consiglio Nazionale del Notariato9, che prendendo in considerazione il caso di una persona che ha lasciato in deposito al notaio la somma dovuta a titolo di un’eventuale decadenza dalle agevolazioni e che entro l’anno risulta iscritta nel registro soci di una cooperativa edilizia a titolo di prenotatario di alloggio, spiega che tale somma non potrà rientrare nella disponibilità della persona fino a quando non stipulerà un atto traslativo della proprietà.
Per quanto concerne l’onerosità del trasferimento, benché la lettera della legge parli solo di “acquisto di altro immobile”, quindi non sembri escludere la possibilità che il riacquisto avvenga a mezzo di donazione10, il Ministero delle Finanze, attraverso la circolare n. 6 del 26 gennaio 2001, spiega che il riacquisto, in senso oneroso, costituisce un’esimente della decadenza dei benefici perché presuppone un altro investimento per l’acquisto di un nuovo immobile da adibire ad abitazione principale e conclude affermando che ogni qualvolta il legislatore abbia voluto riferirsi agli atti a titolo gratuito, lo ha fatto espressamente. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate, di fronte al quesito posto da un contribuente che intende vendere prima del decorso dei cinque anni la casa acquistata con le agevolazioni per ristrutturare quella che riceverà in donazione da parenti e che adibirà a propria abitazione principale,  ha recentemente chiarito (risoluzione n. 125/E del 3 aprile 2008) che i trasferimenti derivanti da successioni o donazioni sono assoggettabili ad imposta di successione o donazione in base al grado di parentela o affinità tra le parti coinvolte, mentre non si applica l’imposta di registro, ma si può godere dell’agevolazione di cui all’art. 69 commi 3 e 4 della L. 21 novembre 2000 n. 342 consistente nell’applicazione in misura fissa delle imposte ipotecarie e catastali, sempreché ricorrano le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) dell’art. 1 della nota II bis. Ha poi aggiunto che nella fattispecie analizzata non spetta neanche il credito d’imposta giacchè quest’ultimo può maturare solo rispetto agli acquisti soggetti ad imposta di registro o ad IVA, tributi ai quali non è assoggettabile la donazione.
Il riacquisto di un altro immobile entro un anno dall’alienazione deve possedere, oltre alle caratteristiche già illustrate, un presupposto fondamentale: avere ad oggetto un immobile da adibire ad abitazione principale. La finalità abitativa dell’immobile riacquistato è indispensabile, stando il disposto del comma IV e della risoluzione n. 192 del 6 ottobre 2003 dell’Agenzia delle Entrate, per impedire il prodursi della decadenza dalle agevolazioni. L’ufficio accertatore, in occasione dell’istanza di interpello di un contribuente che ha acquistato un alloggio fruendo dell’agevolazione e dopo due anni l’ha rivenduto e nell’anno successivo ha provveduto ad acquisirne un altro, ha specificato che qualora accerti che l’acquisto non è stato seguito dall’effettiva utilizzazione diretta e personale dell’immobile acquistato, deve notificare all’interessato l’avviso di liquidazione. Al massimo, l’Agenzia riconosce che possa occorrere del tempo per realizzare il proposito abitativo, ossia per rendere abitabile l’alloggio, ossia per effettuare il trasloco, o i lavori di ristrutturazione o per consentire l’estinzione di diritti di godimento di terzi; quindi il tutto deve essere realizzato entro un termine ragionevole e di buona fede.
In dissenso da tale posizione, ci pare inaccettabile che a seguito della rivendita venga preteso quanto non era stato richiesto in sede di concessione dell’agevolazione. Il meccanismo della vendita-riacquisto tende a creare una sostanziale situazione surrogatoria, reimmettendo il soggetto nell’identica posizione precedente. Del resto, se così non fosse, ci troveremmo di fronte al seguente, inspiegabile susseguirsi di eventi: 1) A compra la casa X, richiedendo l’agevolazione. Non deve andare ad abitarci, basta che risieda, al momento dell’atto, o nei diciotto mesi successivi, nel Comune; 2) A, nei cinque anni, vende la casa X e subito ricompra la casa Y e richiede l’agevolazione, anzi la rimpingua col credito d’imposta. Non deve andare ad abitarci, come sopra; 3) Trascorre un anno e l’Agenzia, che gli ha concesso le agevolazioni anche per la casa Y senza che ci andasse ad abitare, gli chiede indietro le agevolazioni della casa X perché non è andato ad abitare nella casa Y! A quale tipo di razionalità potrebbe ispirarsi una disciplina di questo genere? Attendiamo che qualcuno ce lo spieghi, e nelle more esortiamo i contribuenti che si vedessero notificare la sanzione a impugnarla senza indugio.
Prima di passare all’esame di alcune situazioni particolari che generano o meno la decadenza, precisiamo che il riacquisto non deve necessariamente riguardare il medesimo diritto di cui si era titolari (può essere piena proprietà, nuda proprietà, usufrutto, uso, abitazione) e può essere effettuato anche senza richiedere nuovamente le agevolazioni e ad un prezzo inferiore o superiore in modo assolutamente indifferente.
Infine la circolare n. 19 del 1 marzo 2001 precisa che la norma agevolativa non esclude la possibilità di riacquistare un immobile anche per quote. Questo è il caso dei coniugi che rivendono gli immobili acquistati con le agevolazioni da ciascuno a titolo esclusivo, prima del decorso dei cinque anni e riacquistano un solo immobile in comunione legale dei beni. Ciò avviene in via del tutto simmetrica rispetto al fatto che la decadenza opera anche nel caso di alienazione di una quota di diritto, di conseguenza opera per la parte di prezzo corrispondente alla quota di diritto ceduta.

2.4 RIVENDITA NEL QUINQUENNIO E RIACQUISTO DI TERRENO PER COSTRUIRE UNA NUOVA CASA
L’Agenzia delle Entrate ha ampliato i suoi orizzonti rispetto alle cause esimenti la disapplicazione delle agevolazioni. Con la risoluzione n. 44/E del 16 marzo 2004, si riconosce che non si decade dai benefici se entro un anno dall’alienazione dell’alloggio, venduto prima che siano decorsi cinque anni, il titolare acquisisce nella propria sfera patrimoniale un terreno su cui edificare la propria abitazione principale.
Nella risoluzione sopra citata e come ribadito nella circolare n. 38 del 12 agosto 2005 del medesimo ufficio, si chiarisce, inoltre che il regime di favore per la prima casa non spetta per l’acquisto del terreno, ma non trova disapplicazione quello relativo all’immobile acquistato, se entro un anno dalla vendita dello stesso sul terreno ottenuto viene costruita un’abitazione, priva delle caratteristiche che identificano gli immobili di lusso, da adibire ad abitazione principale. L’Ufficio del Registro infine afferma che non è richiesto che il fabbricato sia ultimato, ma che sia venuto ad esistenza un rustico, ai sensi dell’art. 2645, 6° comma C.C.,  con le mura perimetrali delle singole unità e sia terminata la copertura.

2.5 ALIENAZIONE E RIACQUISTO DELLA PERTINENZA
Posto che il 3° comma dell’art. 1 della nota II bis stabilisce che l’agevolazione prima casa spetta anche per l’acquisto delle pertinenze dell’abitazione, l’acquirente di un magazzino o cantina (C/2) o di un’autorimessa o posto auto (C/6) o di una tettoia (C/7) può, anche non contestualmente all’acquisto dell’abitazione e pertanto con atto separato, dichiararne la pertinenzialità rispetto all’alloggio e beneficiare del relativo trattamento di favore. In caso di alienazione limitata alla pertinenza prima che sia trascorso il termine di cinque anni dall’acquisto, secondo l’amministrazione finanziaria, si può decadere dall’agevolazione richiesta per la parte di valore imputabile al bene aggiuntivo. Questo è quanto emerge dalle risposte fornite dall’amministrazione stessa ai quesiti posti a più riprese dai contribuenti. Le risoluzioni n. 31 del 16 febbraio 2006 e n. 30 del 1 febbraio 2008 affermano che la cessione a qualsiasi titolo di un bene pertinenziale prima che sia trascorso il termine di cinque anni dall’atto di acquisto, comporta la decadenza del regime più favorevole, in virtù del fatto che l’eccezione concernente il riacquisto riguarda solo gli immobili abitativi da adibire ad abitazione principale. A sostegno si cita la Corte di Cassazione, sez. I, che nella sentenza n. 12737 del 21 dicembre 1998, afferma che lo scopo del legislatore è quello di far convogliare il risparmio individuale nell’acquisto della prima casa e  di favorire attuali e concrete utilizzazioni degli immobili acquistati come abitazioni da parte di acquirenti che ne siano privi o non abbiano case idonee.
In realtà qui non si tratta di discutere di quale sia lo scopo del legislatore quando prevede delle agevolazioni, ma di comprenderne le finalità quando ne stabilisce la decadenza. Nel caso di cui ci stiamo occupando, tutto verte sulla frustrazione di un eventuale, originario intento speculativo dell’acquirente, smascherato dalla rivendita in un termine breve. Ora, se è immaginabile che comprare casa possa essere motivato da un fine speculativo piuttosto che effettivamente abitativo, è anche vero che per realizzare questa finalità il privato ha a disposizione l’intero territorio dello Stato; quando invece si tratta di comprare una pertinenza, l’acquirente, per beneficiare dell’agevolazione è vincolato dalla prossimità, e dunque al massimo ha a disposizione l’isolato. Il più delle volte, dunque, la rivendita non seguita dall’acquisto non proverà l’intento speculativo bensì la semplice circostanza che l’autorimessa abbia cessato di essere utile all’acquirente o all’abitazione. Ma fin qui siamo in un campo che da un giurista ortodosso potrebbe essere tacciato di eccessivo psicologismo. Per la stessa asettica tendenza all’oggettività (peraltro spesso così spiacevole, sia consentito dirlo, ai fini di un buon rapporto dei cittadini con la legge), si potrebbe ritenere ininfluente l’ulteriore rilievo che già ineguale è la situazione per il soggetto che, nei cinque anni, ha venduto l’immobile, e di nuovo ha in astratto a disposizione tutta l’Italia per riacquistarne uno, e il soggetto che si è liberato della sola autorimessa, e di nuovo ha solo la chance dell’isolato (inteso in senso urbanistico) per impedire la decadenza, e non ci sarebbe ragione di penalizzarla ulteriormente.
Ma proviamo ora ad immaginare che l’acquirente di abitazione e autorimessa le rivenda nel quinquennio, e si riaccasi entro l’anno soltanto in un’abitazione. Diremo forse che deve versare la sanzione perché non ha ricomprato il garage? Qui scadremmo veramente nell’assurdo, e per fortuna non in questo senso (salvo qualche eccezione) pare orientata l’amministrazione. Del resto se è pacifico che, in generale, per impedire la decadenza sia sufficiente anche il semplice riacquisto di una quota parziaria, ciò dimostra che non vi deve essere piena congruenza tra il quantum alienato e il quantum riacquistato. Ma allora, tornando al box, avremmo il seguente paradosso: se la vendita dei due beni avviene congiuntamente la sanzione non è dovuta; se avviene in due momenti distinti invece sì. L’Agenzia delle Entrate ha sempre equiparato, ai fini agevolativi (e per parallelismo non potrebbe regolarsi diversamente per la decadenza) l’acquisto contestuale o quello in due momenti separati.
Si potrebbe, invero, utilizzare a sfavore di quanto qui sostenuto un argomento, che abbiamo appena lambito servendocene a nostro tornaconto: l’accostamento tra il negozio avente ad oggetto una parte dell’immobile, intesa come quota, e il negozio avente ad oggetto una parte dell’immobile intesa come parte materiale, in questo caso il box, che con l’immobile costituisce pur sempre un’unità sotto il complessivo profilo funzionale. Ebbene, la vendita della quota dell’immobile costituisce una causa di decadenza. Ma mentre la quota è, per così dire, naturalmente intrinseca al bene, il box vi è unito in funzione di una destinazione soggettivamente impressa dal proprietario. Con la cessione è proprio quella unità funzionale che viene meno.
Alle nostre conclusioni non sembra porre ostacolo insormontabile il dato letterale, poiché se è vero che si parla genericamente di “immobile acquistato con i benefici di cui…” è anche vero che nella disciplina delle agevolazioni l’immobile è tenuto distinto dalle pertinenze. Quindi, per coerenza, il legislatore avrebbe dovuto pronunciare espressamente per la decadenza richiamando non semplicemente “l’immobile” ma anche “le pertinenze”.
Il dato testuale ci consente anche di smentire l’opinione che vuole il box rivenduto nel quinquennio condannato alla decadenza, senza nessuna possibilità di riscatto, perché il riacquisto nell’anno è previsto solo per l’immobile destinato ad abitazione. Questa formula, in realtà, non fa altro che fare il paio con quella iniziale, che riserva la decadenza agli “immobili acquistati con i benefici”, intendendo appunto quelli principali, destinati ad abitazione, ai quali si possono poi aggiungere le pertinenze.  La vendita dell’immobile abitativo è l’unica che fa scattare la decadenza e, coerentemente, è solo il riacquisto di “altro immobile destinato ad abitazione” ad impedire la decadenza stessa.

2.6 ALIENAZIONE INFRAQUINQUENNALE E RIACQUISTO DI IMMOBILE ALL’ESTERO
Il quarto comma dell’art. 1 della nota II bis della tariffa parte prima allegata al T.U. 131/1986 nel prevedere la decadenza dalle agevolazioni in caso di cessione dell’immobile prima del decorso di cinque anni dall’atto di acquisto, salvo il riacquisto entro un anno dall’alienazione, non segnala dove deve avvenire il riacquisto. Sul tema la prassi amministrativa e la giurisprudenza tacciono, ma è fondato ritenere che la decadenza sia impedita anche dal riacquisto di un bene immobile in uno stato estero11. Infatti la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, anche se in tema di imposte sui redditi, ha stabilito che costituisce violazione delle libertà fondamentali garantite nel Trattato e nell’accordo SEE, l’introduzione e il mantenimento, da parte di uno stato membro, di un regime fiscale nel quale l’esenzione dall’imposizione sulla plusvalenza conseguita in forza di cessione onerosa di immobili abitati dal proprietario o dai suoi famigliari sia subordinata al reinvestimento dei proventi della vendita nell’acquisto di un altro immobile sito nel territorio dello stato membro. Secondo i giudici europei l’obbligo di reinvestire sul territorio nazionale non è giustificabile da nessuna motivazione di interesse generale, tanto più che il diritto all’alloggio sarebbe ugualmente soddisfatto se il cittadino riacquistasse in un altro paese membro e vi stabilisse la sua residenza. Le ragioni del fisco non sarebbero pregiudicate neppure se l’immobile venisse riacquistato in un paese extraeuropeo, purché venga adibito ad abitazione principale e vi si stabilisca la residenza.

2.7 ALIENAZIONE INFRAQUINQUENNALE IN SEDE DI SEPARAZIONE LEGALE E DI DIVORZIO DEI CONIUGI
A causa dell’intensificarsi delle separazioni legali e dei divorzi tra i coniugi, proprio nei primi anni di matrimonio, ci si domanda se è giusto che si realizzi la decadenza dai benefici prima casa quando si è costretti dagli eventi a trasferire all’altro coniuge o a terzi la quota di proprietà dell’immobile acquistato con le agevolazioni.
Sul tema non ricorrono risoluzioni o circolari dell’Agenzia delle Entrate o norme che il legislatore ha previsto in via eccezionale; però in coda a una decisione successiva ad interpello da parte della Direzione della Regione Lombardia l’orientamento che si avvia al consolidamento, presso l’Amministrazione, è quello della decadenza, quanto meno per il caso di separazione consensuale. In linea con quest’interpretazione alcuni autori12 sostengono che l’alienazione infraquinquennale, quale causa di decadenza, si riferisce a qualunque trasferimento non seguito dal riacquisto nei termini di legge e si riferisce al compimento di atti volontari: il trasferimento di un bene immobile, anche in sede di separazione o divorzio, deriverebbe pur sempre da un accordo dei coniugi che danno vita ad un atto negoziale. Alla radice, insomma, c’è la distinzione tra atti negoziali e atti coattivi, e la convinzione che la separazione rientri in questa seconda categoria. In realtà la separazione si colloca in un punto intermedio: il consenso dei coniugi riguarda la separazione, mentre il fatto che ci debbano essere aggiustamenti patrimoniali e trasferimento di beni discende ineluttabilmente dal fatto che una separazione è in corso, e dunque all’interno di quella cornice può considerarsi come coattivo. Come minimo, del resto, si deve qualificare coattiva la separazione giudiziale, e sarebbe ben strano adottare una linea di tassazione diversa per quella consensuale, quasi esistesse un incentivo tributario alla rissosità postconiugale.  Inoltre la crisi matrimoniale porta con sé anche delle difficoltà economiche per la persona che viene condannata dall’autorità giudiziaria al pagamento degli alimenti e al trasferimento di parte delle sue proprietà. A ciò ne consegue che è resa ancora più difficoltosa l’acquisizione di un altro immobile da adibire a propria abitazione per via di un reddito più limitato che non consente l’accensione di mutui o finanziamenti in genere. In senso equitativo la Corte di Cassazione ha ritenuto solo di escludere per il coniuge alienante la sopratassa del trenta per cento, ma a noi sembra che il caso di forza maggiore, come abbiamo visto riconosciuto quale giustificazione del mancato trasferimento della residenza, possa operare anche quale esimente tributaria all’atto della decadenza. Se si ammette quest’estensione, è difficile classificare la crisi coniugale un gradino sotto le infiltrazioni d’acqua.

3. PRIVILEGIO E DEPOSITO SOMME PRESSO IL NOTAIO
Il verificarsi di una delle cause di decadenza dalle agevolazioni prima casa fa sì che l’amministrazione finanziaria abbia il potere di richiedere al contribuente l’imposta in misura ordinaria, la sanzione amministrativa e gli interessi di mora. L’imposta dovuta, data dalla differenza tra quella versata e quella che avrebbe dovuto pagare se non avesse beneficiato di alcun trattamento di favore, è di natura complementare in quanto, ai sensi dell’art. 42 del d.p.r. 131/1986, è applicata in un momento successivo alla registrazione dell’atto. Trattandosi di imposta complementare sono escluse la responsabilità del notaio, il quale è responsabile unicamente per l’imposta principale e la solidarietà tra il soggetto che aliena nei cinque anni la prima casa senza riacquistarne un’altra entro l’anno successivo ed il soggetto che acquista dallo stesso nei cinque anni. In particolare, l’art. 57 comma 4 D.P.R. 131/1986 stabilisce che l’imposta complementare dovuta per un fatto imputabile soltanto a una delle parti contraenti è a carico esclusivamente di quest’ultima.
I crediti dello Stato per le imposte indirette gravanti sui beni immobili sono, ai sensi dell’articolo 2272 C.C., assistiti da privilegi, previsti al fine di garantire il pagamento delle somme dovute a titolo di tributo. Anche l’imposta di cui parliamo è indiretta e pertanto è assistita da un privilegio speciale, da farsi valere sull’immobile a cui il tributo si riferisce, ai sensi dell’art. 2772 C.C..  Buona parte della dottrina, tuttavia, ritiene in questo caso direttamente operante il quarto comma dello stesso articolo, dove statuisce che “il privilegio non può esercitarsi in pregiudizio dei diritti che i terzi hanno anteriormente acquistato sugli immobili”. Grazie a questa norma l’acquirente del bene nulla avrebbe da temere dall’esistenza del privilegio.
Una non uniforme prassi notarile, prudenzialmente elaborata nell’eventualità che la pubblica amministrazione pretenda di far valere il privilegio, si è sviluppata nel senso di richiedere al venditore il deposito di una somma a garanzia. Tale somma, normalmente, viene restituita al venditore quando questi dimostra di avere effettivamente riacquistato una casa nel corso dell’anno, oppure quando esibisce prova dell’avvenuto pagamento della sanzione all’Ufficio del Registro, o ancora viene utilizzata per pagare la sanzione stessa, su richiesta del venditore; o infine, viene messa a disposizione dell’acquirente qualora, trascorso l’anno senza riacquisto del venditore, l’ufficio abbia proceduto infruttuosamente all’escussione di quest’ultimo e si sia mosso, attraverso il privilegio, per far valere le sue ragioni sull’immobile compravenduto. Alcuni notai, peraltro, ragionando dall’insussistenza del privilegio, ritengono inutile, se non addirittura illegittimo, farsi lasciare la somma in deposito. Va anche aggiunto che pure chi ritiene possibile il privilegio ha da confrontarsi con un ulteriore problema: quando si può dire verificata la decadenza? Se ciò che la determina è la combinazione di entrambe le condotte del venditore, l’alienazione infraquinquennale e il mancato riacquisto, al momento del trasferimento del bene mancherebbe il presupposto della decadenza stessa, o meglio sarebbe verificato per metà13.
Dunque, anche ammesso che la richiesta di deposito di somma da parte del notaio sia astrattamente fondata, il venditore ben potrebbe esimersi dall’assecondarla, eccependo che per il momento egli non ha maturato alcun debito nei confronti della Agenzia delle Entrate, e il notaio non potrebbe far altro che confidare nel suo spirito di collaborazione. Per la stessa ragione, l’acquirente (a meno che l’ipotesi non fosse stata regolamentata nel contratto preliminare) non potrebbe recedere dal contratto per giusta causa, poiché al momento della sottoscrizione il venditore non si è reso inadempiente, né può diventarlo solo perché in futuro potrebbe risultare debitore di un’imposta in quel momento non dovuta.
Tutto a posto, dunque? Non proprio, e per capirlo dobbiamo partire dal fondo, ossia dal pagamento della sanzione. Come sappiamo, il venditore, oltre alla differenza tra l’imposta ordinaria e quella agevolata, e il trenta per cento di sopratassa, deve versare gli interessi moratori. Ma da quando decorrono questi interessi? Pacificamente, essi vengono conteggiati a partire dalla data dell’atto. A questo punto, però, non si può certo pensare di impedire al venditore che per una qualsiasi ragione ha già deciso di non procedere al riacquisto, di interrompere la decorrenza degli interessi, presentandosi, al limite anche il giorno dopo l’atto, a pagare quanto deve (alcuni uffici, per un certo periodo, hanno anche ricollegato alla presentazione spontanea entro l’anno l’effetto di evitare il pagamento della sopratassa). Il termine dell’anno è disposto a suo favore, non certo per offrire allo Stato un bonus o un’occasione di lucro. Ma come potrebbe il venditore pretendere di pagare subito se la decadenza non fosse ancora maturata? Mancherebbe il presupposto stesso dell’imposizione. L’Ufficio dovrebbe rispedire a casa il venditore, dicendogli: “ci spiace, a suo carico non risulta nulla, rivediamoci tra un annetto!”. Bisogna dunque concludere che la decadenza si verifica in realtà immediatamente, con la semplice rivendita dell’immobile agevolato nel quinquennio. Lo Stato, tuttavia, concede al contribuente il potere di sospendere la decadenza per un anno e poi di rimuoverla con il nuovo acquisto. Si tratta, se vogliamo muoverci per analogie, di una situazione non dissimile (ancorché fuori dall’ambito della decadenza) da quella del socio di società di persone che, venuta meno la pluralità, ha la facoltà di ricostituirla nel termine di sei mesi. La causa di scioglimento, in realtà, opera immediatamente, tant’è vero che il socio può immediatamente rinunciare alla ricostituzione della pluralità, e tecnicamente, in questo caso, la causa dello scioglimento non è la ricostituzione consensuale bensì il venir meno della pluralità dei soci14.
Se ammettiamo che la decadenza, ancorché sospensivamente condizionata, è contestuale alla rivendita dell’immobile, tutto l’edificio precedentemente descritto vacilla. Per invocare la tutela del compratore ai sensi dell’articolo 2772 C.C. la dottrina prevalente teorizza che la decadenza segua l’acquisto di un anno: in realtà, come appena dimostrato, la decadenza è contestuale alla vendita. Contestuale, beninteso, alla stessa atipica maniera in cui sono contestuali il trasferimento originario e l’imposta principale. A rigore, per la verità, l’imposta sui trasferimenti dovrebbe nascere solo quando i trasferimenti si sono perfezionati: ma siccome in questo modo il privilegio non potrebbe mai nascere (perché tutti gli acquisti sarebbero anteriori ad esso) si ricorre alla finzione per la quale l’imposta nasce insieme al trasferimento. Così, per esempio, dall’Invim scaturiva il privilegio che poteva anche andare a danno dell’acquirente. Egualmente, insieme al trasferimento infraquinquennale dell’immobile si verifica il sorgere dell’imposta complementare, e nasce a favore dello Stato il privilegio che l’accompagna. L’acquirente in buona fede, attraverso il filtro e la consulenza del notaio, è in grado di venire a conoscenza, usando l’ordinaria diligenza, dell’esistenza del privilegio.
Il quadro prima prospettato va dunque ribaltato: l’acquirente può legittimamente esigere dal venditore la prestazione di idonea tutela a garanzia del pagamento dell’imposta complementare, già sorta a carico del venditore di bene infraquinquennale, ancorché il potere effettivo di riscossione dell’Ufficio sia ancora paralizzato, e il venditore che si rifiutasse di prestarla sarebbe inadempiente, con tutte le conseguenze di ciò; il notaio è tenuto non solo ad informare l’acquirente e opportunamente consigliarlo, ma anche ad accettare il deposito, e in qualche modo a sollecitarlo; qualora lo Stato agisca sull’immobile mediante il privilegio, l’assenza di deposito, in mancanza di prova contraria, genera una responsabilità professionale del notaio, il quale dovrà avere quindi cura di farsi rilasciare una liberatoria dall’acquirente, essendo ovviamente quest’ultimo libero di fidarsi personalmente del venditore o comunque di non volere subordinare al deposito della somma la stipula dell’atto notarile. Va da sé che sarebbe quanto mai consigliabile regolamentare tali situazioni già al momento del contratto preliminare. A noi sembra che quando l’ordinamento offra margini per utilizzare il notaio nella sua funzione qualificata di garanzia, ineguagliabile punto di equilibrio tra l’interesse dello Stato alla riscossione dei tributi e quello dei privati di poter contare sulla certezza e intangibilità dei diritti acquistati, non esista alcuna ragione per assumere, nel dubbio, una posizione che di quei due interessi ne sacrifichi uno.
L’interesse pratico di questa disputa, comunque, si attenua per effetto dell’ultimo comma dell’articolo 56 del D.P.R., che prevede l’estinzione del privilegio decorsi cinque anni dalla data di registrazione, e non pare dubbio che la registrazione in questione sia quella del primo atto, nel quale trova fonte l’imposta complementare. A questo punto, la rivendita dopo il quarto anno e un giorno non avrà nessuna possibilità di essere colpita dal privilegio, e il deposito notarile avrà ragion d’essere solamente per le rivendite effettuate più a breve scadenza dall’acquisto15.

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  1. A proposito di mendacità della dichiarazione di non possedere quote di diritti reali su altri immobili siti nel comune, si segnala un’interessante sentenza della Corte di Cassazione, (sentenza n. 10984 del 14 maggio 2007) la quale afferma che costituisce elemento ostativo alla fruizione delle agevolazioni solo la titolarità esclusiva o la comunione con il coniuge di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa nel territorio del comune  in cui è situato l’immobile da acquistare; pertanto si può asserire con certezza che la comunione di quote con soggetti diversi dal coniuge non impedisce di beneficiare delle agevolazioni e non determina la decadenza per mendacità della dichiarazione di cui alla lettera b) della nota II bis. La Suprema Corte spiega che il diritto di abitazione è legato ai bisogni abitativi del suo titolare o della sua famiglia ed è incompatibile con la contitolarità, salvo che con la comunione con  il coniuge []
  2. Vedi Cannizzaro, “In tema di Agevolazione c.d. prima casa – Conservazione della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile – Decadenza”, CNN Quesito n. 259/2008/T []
  3. Vedi Bellini, “Decadenza dalle agevolazioni prima casa”, CNN, Studio n. 30/2005/T []
  4. “E’ fondato ritenere, infatti, che il legislatore, in considerazione della rilevanza sociale che riveste la casa di abitazione di proprietà, abbia inteso agevolarne l’acquisto anche nelle ipotesi in cui il beneficiario stabilisca la residenza in un altro immobile, purchè ques’ultimo sia ubicato nello stesso comune dove si trova quello acquistato con l’agevolazione prima casa” – Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 140/2008 []
  5. Vedi Cannizzaro, op. cit. []
  6. La risoluzione si riferisce al sisma avvenuto in Umbria nel 1997 a causa del quale il contribuente non ha potuto trasferire la residenza nella città dove aveva acquistato la casa, nella fattispecie l’Agenzia non ha revocato il beneficio perché i danni cagionati dal terremoto riguardavano l’intero comune e non solo l’immobile []
  7. La Commissione Tributaria provinciale di Salerno, sez. VIII, nella sentenza n. 49 del 12 marzo 1998 ha affermato che sussiste la causa di forza maggiore, quando il trasferimento della residenza non è avvenuto entro l’anno per il ritardo nel trasferimento della sede di servizio del dipendente. La Commissione Tributaria centrale, sez. XXVI, nella sentenza n. 1497 del 2 aprile 1996 ha affermato che le agevolazioni prima casa spettano anche in caso di acquisto dell’abitazione non utilizzata dall’acquirente a causa del mancato ottenimento dell’immobile perché locato, pur avendo esperito tutte le azioni finalizzate alla riconsegna e come precisato dalla Commissione provinciale di Pescara, sez III, nella sentenza n. 65 del 16 maggio 2002, la causa esimente della forza maggiore opera solo se il contribuente ha tenuto un comportamento attivo finalizzato all’ottenimento della disponibilità dell’immobile [ tp://www.notaioremobassetti.com/index.php/2009/02/21/la-decadenza-dalle-agevolazioni-della-prima-casa/#identifier_6_7">↩]
  8. In merito si precisa che l’art. 66 della l. 342/2000 si applica esclusivamente agli appartenenti delle nostre Forze Armate in quanto ne fanno parte solo i cittadini italiani dal momento che  questi hanno  il dovere di difendere la Patria. Pertanto, i militari stranieri che prestano servizio nel nostro paese, potranno richiedere le agevolazioni prima casa come qualunque altro cittadino italiano o straniero che ha i requisiti di cui alle lettere a), b) e c) della nota II bis e nel caso dovranno trasferire la residenza nel comune dove è situato l’immobile []
  9. Vedi Bellini, “Decadenza dalle cd agevolazioni prima casa. Rivendita nel quinquennio e conseguimento entro l’anno di qualifica di socio prenotata rio di alloggio di cooperativa edilizia”, CNN, Quesito n. 103/2005/T []
  10. A favore del riacquisto a titolo gratuito vedi Bellini, “Decadenza dalle cd agevolazioni prima casa”, CNN, Studio n. 30/2005/T []
  11. Vedi Denora, “Decadenza agevolazioni prima casa per rivendita infraquinquennale e acquisto entro l’anno di immobile sito all’estero”, CNN, Quesito n. 221/2008 []
  12. Vedi Ferrario Hercolani, “Plusvalenza e decadenza dalle agevolazioni prima casa in seguito ai trasferimenti immobiliari in sede di separazione personale e di divorzio”, Federnotizie 2008 []
  13. Di questo avviso Ghinassi, “Operatività del privilegio speciale immobiliare per tributi indiretti nell’ipotesi di decadenza da agevolazioni fiscali”, Rivista del Notariato n. 5/2005, il quale scrive: ”Può infatti ritenersi che la fattispecie da cui trae origine la relativa obbligazione sia costituita da una serie di elementi, uno solo dei quali è la redazione dell’atto, ovvero il tipico presupposto di applicazione dell’imposta di registro. Trattasi invero di fattispecie complessa nella quale l’evento che dà luogo a decadenza viene a costituire uno degli elementi necessari per la nascita dell’obbligazione medesima”. In senso conforme Puri, “Decadenza prima casa di abitazione privilegio speciale immobiliare per i tributi indiretti”, Studio n. 80/2001/T, il quale scrive: “L’ulteriore obbligazione nascerebbe, quindi, dal fatto imponibile realizzato dal combinarsi dell’atto di acquisto con la dichiarazione mendace o con il comportamento omissivo (mancato riacquisto nell’anno) in quanto produttivo di effetti giuridici evidenzianti una capacità contributiva…” []
  14. In questo senso vedi Tribunale di Roma, 26 gennaio 1972, in Giustizia Civile I pag. 1672, la corte ha affermato “nella società in accomandita semplice, la ricostituzione della categoria dei soci mancante funzione come condicio facti e non iuris e, conseguentemente, opera retroattivamente e comporta che deve ritenersi avvenuta nel momento in cui la categoria di soci è venuta meno”. In senso opposto vedi Di Sabato, “Manuale delle società”, Utet 1992, l’autore ritiene che gli effetti dello scioglimento si producano ex nunc decorso il termine di sei mesi previsti per la mancata ricostituzione della pluralità  dei soci []
  15. Vedi Torroni, “Rassegna di prassi interpretativa in tema di agevolazioni prima casa e di credito d’imposta”, Rivista del Notariato 6/2006. Inoltre vedi Corte di Cassazione , sez. tributaria n. 11357 del 22 luglio 2003, nella quale si afferma che: “Il privilegio speciale sugli immobili, previsto dall’art. 2772 C.C., che assiste i crediti dello stato per i tributi indiretti nonché quelli relativi all’applicazione dell’INVIM,  si estingue, secondo l’art. 56 quarto comma del dpr n. 131 del 26 aprile 1986, applicabile anche all’INVIM  in forza del rinvio operato dall’art. 31 del dpr n. 643 del 26 ottobre 1972, con il decorso di cinque anni dalla data di registrazione, senza  che possa distinguersi tra imposta principale, complementare o suppletiva, operando l’estinzione qualunque sia la natura del tributo, e quindi anche se sia in corso il procedimento per la determinazione dei valori e non vi sia stata, ai sensi dell’art. 76 dello stesso dpr della finanza nei confronti dell’alienante, soggetto passivo dell’imposta”

Scritto da Notizie immobiliari

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R
<br /> Assolutamente grato per il vostro post. Ho cercato in giro per la pagina, come i miei colleghi detto che da loro, ed è stato entusiasta quando riesco a trovare dopo un lungo periodo di tempo per<br /> trovare. Spero di dimostrare opportuno commento grato per il vostro sito, perché è una cosa molto stimolante, e molti scrittori non riconoscono la sicurezza che si meritano. Credo che tornerò,<br /> sicuramente un buon amico mi ha mandato<br /> <br /> <br />
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A
<br /> con il suo permesso lasciami afferrare il vostro feed RSS per tenere il passo con la data di rilascio in arrivo.<br /> <br /> <br />
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R
<br /> Visitate in tanti il mio e vi ricambierò!!!<br /> <br /> <br />
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M
<br /> Salve volevo sapere che cosa dice la legge su quelle agevolazioni prima casa se poi divorzi, cosa succede ?<br /> <br /> viene annullata?<br /> <br /> devi pagare?<br /> <br /> quanto tempo hai?<br /> <br /> devi comprare un' altra casa entro un anno?<br /> <br /> perfavore rispondetemi subito è urgente e non so cosa fare, ho bisogno di una risposta il prima possibile. grazie mille...<br /> <br /> <br />
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