Uscite su misura dall'affitto .

Pubblicato il 22 Febbraio 2010

Uscite su misura dall'affitto

Nelle locazioni, i tempi e le modalità del recesso dipendono strettamente dal tipo di contratto concluso (contratti abitativi a canone libero, a canone convenzionato, transitori, a studenti universitari, non abitativi o a canone e durata liberi, in base alle sole prescrizioni del codice civile). Ci occuperemo qui delle locazioni abitative libere di lungo periodo, di durata di quattro anni più quattro, rimandando agli altri articoli gli ulteriori casi. Il regime instaurato dalla legge 431/98 prevede due tipi di recesso del locatore: quello per finita locazione (al termine dell'ottavo anno) e quello relativo al cosiddetto diniego del rinnovo obbligatorio, alla scadenza del primo quadriennio. Nelle locazioni a canone libero, con durata di 4+4 anni, l'articolo 2, comma 1, della legge 431 dispone che alla seconda scadenza del contratto ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o di rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata, da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere con una raccomandata entro 60 giorni dalla data di ricezione. In mancanza di risposta o di accordo, il contratto si intende scaduto alla data di cessazione della locazione. Invece, in mancanza della comunicazione, il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni. Le modalità di recesso In base ai principi generali, nei contratti di durata è ammesso il recesso unilaterale anche immotivato. Tale recesso è di natura contrattuale e può essere immotivato o motivato (si veda esemplificativamente – in regime di totale libertà contrattuale – l'articolo 1612 del codice civile, secondo cui il locatore che si è riservata la facoltà di recedere dal contratto per abitare egli stesso nella casa locata, deve dare licenza motivata nel termine stabilito dagli usi locali). Il recesso può comunque trovare la sua fonte anche nella legge e in tal caso è di regola disciplinato da una norma inderogabile. L'impianto relativo al recesso per cosiddetto "giustificato motivo", al termine del primo quadriennio – già previsto anche nel regime dei patti in deroga – è stato recepito, con alcune modifiche, dall'articolo 3 della legge 431/98, che non richiama più espressamente gli articoli 29 e 59 della legge 392/1978, ma si limita a recepirne parzialmente i motivi indicati aggiungendone di nuovi e dettandone la disciplina. La fine del contratto Alla prima scadenza dei contratti il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per una lunga serie di motivi: quando il locatore intenda destinare l'immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o parenti entro il secondo grado; quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le modalità citate e offra al conduttore un altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità; quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero e idoneo nello stesso comune; quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato; quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione o demolizione; quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo; quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili a uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione. A ogni modo, non sussistono dubbi sulla tassatività dei motivi di recesso anche alla stregua dell'articolo 3, comma 2, della legge 431/98, secondo il quale nella comunicazione del locatore deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo sul quale la disdetta è fondata. In questo senso, si veda, tra le tante, la sentenza del Tribunale di Salerno del 30 novembre 2003, per il quale – in tema di contratto di locazione – la disdetta, alla prima scadenza, per essere valida deve contenere tassativamente (pur essendo stata spedita nei termini di legge) le ipotesi di diniego di rinnovo. Si tenga tra l'altro presente che – in tema di durata del contratto – l'articolo 13, comma 3, della legge 431 dispone che «è nulla ogni pattuizione che è volta a derogare ai limiti di durata del contratto che sono stati stabiliti dalla presente legge». Codice civile Ricordiamo che, al contrario, per l'articolo 1596 del codice civile la locazione per un tempo determinato dalle parti cessa alla fine del termine senza che sia necessaria la disdetta. Sono regolate da questo tipo di contratto le locazioni per le vacanze, quelle delle abitazioni classificate in catasto come di lusso (categoria A/1) o come ville (categoria A/8), quelle vincolate dalla Soprintendenza come bene storico, artistico o culturale ai sensi delle leggi statali, le foresterie che vengono affittate a società e da esse destinate ai propri dipendenti, nonché le locazioni di box o di magazzini separate da quelle di case o negozi. Queste tipologie di locazioni sfuggono al regime vincolistico previsto sia dalla legge 431/98 sia della legge 392/78. Anche nel caso in cui nel contratto non sia stata determinata la durata, essa è fissata ex lege dall'articolo 1574 (in genere si tratta di un anno per gli immobili non ammobiliati e della scadenza della pigione per quelli ammobiliati).
fonte :il sole 24 ore.it

Scritto da Notizie immobiliari

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