Inchiesta. Jesolo, dove il mattone fa da padrone (1° parte)

Pubblicato il 21 Agosto 2009

 




























 

Jesolo. Le nuove torri di Piazza Drago

JESOLO (VE) -  Jesolo,  una delle maggiori località turistiche italiane per presenze estive, oggi potrebbe essere definita per antonomasia la città del cemento. Negli ultimi anni le amministrazioni comunali che si sono succedute alla guida del paese hanno preferito puntare ad uno sviluppo urbanistico esponenziale senza abitanti. Un fatto alquanto anomalo per una qualsiasi cittadina, dove solitamente l'incremento delle strutture urbanistiche viaggia di pari passo con l'aumento demografico. Eppure qui è successo esattamente il contrario, almeno finora.

Da una parte il numero dei residenti, pressocchè invariato nell'ultimo decennio, potrebbe essere paragonato ad una comunità montana, dove soprattutto i giovani immigrano verso le grandi città alla ricerca di maggiori opportunità, dall'altra Jesolo sembra essere diventata una fucina di architetti,  costruttori e immobiliaristi che competono per realizzare e vendere appartamenti su imponenti grattacieli e palazzi avveneristici, che farebbero invidia a metropoli come Miami, o addirittura Dubai negli Emirati Arabi. Ad uno sviluppo verticale si sono aggiunte una miriade di villette e villaggi turistici spuntati come funghi un pò dappertutto.  Una deregulation edilizia in controtendenza con le attuali politiche abitative dei paesi europei più avanzati. E che prezzi.

Se l'ondata della crisi economica mondiale, che sta investendo gran parte dei paesi occidentali ha determinato una battuta d'arresto sul mercato immobiliare, Jesolo è esente anche da questo fenomeno dove si continua a costruire a prezzi che nell'ultimo anno sono aumentati addirittura del 5-10%.
Prezzi che possono partire dai 3mila euro al metro quadrato per le zone più arretrate fino a raggiungere quota 15mila, per non parlare delle abitazioni frontemare, paragonabili agli esclusivi appartamenti dei centri storici italiani. Per soli quaranta metri quadrati in una costruzione delle nuovi torri si può arrivare a sborsare anche 650mila euro alla faccia di un progresso che sicuramente accontenta una risicata fetta di facoltosi e arricchisce le tasche di pochi. Oppure per un 70 mq in una palazzina di 25 anni ci vogliono ben 550 milioni di euro. Lo sanno bene le agenzie immobiliari che fino a pochi anni fa si contavano sulle dita di una mano e ora sono almeno una trentina.

Una contraddizione in termini, direbbe forse l'architetto di fama mondiale, Kenzo Tange, che chiamato dall'amministrazione comunale nei primi anni 90 ebbe per primo il compito di gettare le linee guida per trasformare Jesolo in una città vera, e che in termini pratici avrebbe dovuto dare quell'impulso positivo ad una località balneare che vive solo 4 mesi all'anno per poi cadere nella stagione invernale in una sorta di letargo civile. E forse la causa è proprio da ricercare in questa politica espansionistica che non ha tenuto conto che una cittadina cresce solo quando esiste un collegamento direttamente proporzionale tra persone che vi risiedono e sviluppo urbanistico, e non viceversa.

D'altra parte l'ambizioso "Master Plan" realizzato dal noto giapponese di fama internazionale, presentato nel 1994 e approvato definitivamente con qualche variante il 18 aprile del 2003, aveva ben altri obiettivi, rispetto a quello che oggi è sotto gli occhi di tutti.

L'architetto giapponese Kenzo Tange

L'idea portante mirava principalmente a tre obiettivi. Il primo era quello di creare una zona residenziale permanente (l'attuale progetto di edilizia residenziale popolare Campana ndr) che entro il 2012 avrebbe dovuto portare Jesolo al traguardo di 35mila residenti. La seconda era quella che prevedeva  l'accorpamento volumetrico di alcuni stabili per rilanciare l'arenile sia in termini di qualità che di sobrietà architettonica. E infine, il terzo obiettivo era quello di creare un parco centrale, una specie di Central Park newyorchese, proprio nel bel mezzo della nuova area residenziale. Insomma tutto ruotava attorno ad un elemento fondante, che ogni urbanista prende solitamente in considerazione, cioè una città pensata e costruita a dimensione dei suoi abitanti. Infrastrutture e attività commerciali erano stati studiati per soddisfare i bisogni non solo dei turisti che affollano nei mesi estivi il litorale, ma anche dei residenti, in un contesto che avrebbe portato nuova linfa vitale all'attività turistica che rappresenta il perno economico del territorio, capace però di dare una continuità anche nei lunghi mesi invernali a garanzia di un equilibrato e costante sviluppo socio economico.

Oggi a guardare Jesolo i veri obiettivi sono stati elusi. Quel che resta del famoso master plan, che nel corso degli anni ha subito circa 300 varianti di programma, è un'esasperta cementificazione con la conseguenze perdita anche della flebile identità sociale che ha accompagnato la storia di Jesolo per oltre un secolo.

Indubbio che nell'attuale contesto l'arredo urbano in generale sia stato migliorato grazie all'ormai consueta contrattazione tra amministrazione comunale e costruttori, dove quest'ultimi in cambio di aumenti di cubatura hanno fatto un vero e proprio restyling di piazzette e strade. Ma la fuga specialmente per i giovani è stata comunque inevitabile. I prezzi delle case sono lievitati, tanto che oggi pochi eletti potrebbero permettersi di acquistare un'abitazione a Jesolo, e nonostante la crescita dell'offerta abitativa stagionale il maggiore flusso turistico si è ridotto prevalentemente nei fine settimana. L'attuale sindaco Francesco Calzavara tempo  fa  rilasciò un intervista a un giornale locale giustificando l'attuale espansione immobiliarista come un motivo valido per incentivare il ritorno della "creme" facoltosa lombarda, proprio come avvenne negli anni 50 e 60, periodo in cui Jesolo era considerata una spiaggia d'elite.

Così le intenzioni originarie del tanto discusso Master Plan si sono sempre più affievolite per fare spazio ad una speculazione selvaggia, quasi fosse la panacea di tutti i mali. Ascoltando alcuni dei residenti il mercato immobiliare avrebbe favorito i piccoli e medi imprenditori della regione che avrebbero investito il contante delle loro aziende sul sicuro mattone, determinando una lievitazione dei prezzi incontrollata.
Così jesolo oggi rappresenta un caso alquanto singolare con prezzi che viaggiano da se, a scapito di una crescita demografica parallela, e senza migliorare la qualità della vita per chi ci vive tutto l'anno.

Indubbio che aumentare demograficamente una città comporta un onere maggiore per l'amministrazione: più scuole, più strutture pubbliche e più servizi d'aggregazione sociale, forse ritenuti poco importanti per l'attuale gestione. Ma questo elemento rappresenta il cuore pulsante di una qualsiasi città. Nel 1991 Jesolo, secondo i dati diffusi dall'Istat aveva 22.151 residenti e dieci anni più tardi erano diventati 22.698. Una crescita irrisoria rispetto ai presunti 6 milioni di metri cubi di cemento realizzati negli utlimi anni, e che secondo i demografi si possono tradurre in una capacità insediativa di circa 50mila abitanti. D'altra parte siamo in una regione che registra un primato negativo assieme alla Puglia e al Lazio, per quanto concerne l'avanzata del cemento. Dal 2001 al 2008 il Veneto ha perso ben 100 chilomentri quadrati tra aree verdi e agricole (Rapporto Istat 2009) per far spazio a nuovi insediamenti urbani.

 

Scritto da Notizie immobiliari

Con tag #informazioni ed andamenti

Repost0
Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post